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166 ANNA COMNENA

attenderci se non di mirare l’astioso a Dio, o per fallo, o per demenza, o per superbia cadendo in ogni scelleraggine, accrescere a suo danno la celeste ira, e provocata l’umana vendetta essere forzato a cedere il trono appena sedutovisi, e ridotto ad una miseria estrema. Tanto, ben lo sappiamo, ebbe a tollerare Saulle, pel cui reato soggiacque a divisione quel regno. Mio padre alla trista ricorrenza di tali pensieri addiveniva forte amareggiato nel cuor suo, trepidante e costernatissimo, come fosse per piombargli sul capo un severo gastigo dell’Onnipotente in punigione dell’enorme e così moltiplice delitto in cui era trascorso permettendo il saccheggio ed il disonore della città. Imperciocchè di tutte le turpezze e scelleraggini ideate ed eseguite da quella vile mescolanza di genti nell’entrarvi, abusando grandemente della vittoria, egli stesso chiamavasi reo, e come vero, unico autore ed attore del tutto affligevasene con tanta veemenza di pentimento, che nè l’impero, la porpora, il gemmato diadema, le intessute vestimenta d’oro e di margherite poteano in parte alcuna consolarlo. Poichè l’imagine funestissima, ognora presente al suo animo, dell’augusta città oppressa e vilipesa con ogni maniera d’oltraggi e scherni, e ridotta agli estremi della miseria pervertivane con amarissimo cordoglio tutto lo splendore. Non havvi affè di Dio umana mente capace di esprimere col discorso i gravissimi danni cui ella soggiacque, tutti e da per tutto abbandonati essendosi al saccheggio ed al sordido contaminamento vuoi de’ privati e pubblici luoghi, vuoi pur de’ sacri e veneratissimi, colpa di che intronavan le orecchie sì grandi e sva-