Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/167


LIBRO TERZO. 157

non valse lo scaltrimento ad ingannare il sant’uomo, che porto orecchio alcun poco agli imbecherati amici, giurando in suo nome, rispose loro: Per Cosma, questa patriarcale sede verrà da me abbandonata sol quando abbia di mia mano coronato Irene Augusta. Con tali parole i messi tornarono alla dominante (così fin d’allora tutti appellavano la genitrice de’ Comneni per volere in ispecie dell’imperatore amantissimo di lei) facendole manifesto l’esito dell’operato loro. Nel settimo giorno pertanto, a contare dall’incoronazione d’Alessio, eziandio Irene ricevette, mediante il patriarcale ministero di Cosma, la solenne imposizione del diadema. Per siffatta guisa la maestà e il decoro di ambedue i regnanti, Alessio ed Irene, mostravansi fulgentissimi sopra ogni imitazione d’arte comunque sublime. Imperciocchè non havvi così valente pittore, il quale rimirando quel fiore di archetipa bellezza giugner possa, per quanto si adoperi, a ritrarlo; nè tampoco egregio statuario, appuntati del suo meglio i ferri e tutta la sua vita consunta nel contemplare i sublimi lavori di Policleto colla brama d’imitarli, non perverrà giammai ad abbozzare sopra inanimata materia, scolpire e tale condurre l’opera del suo scalpello da rappresentare la sorprendente naturale bellezza di questi animati simulacri, gli Augusti dir voglio appena cinti del diadema la fronte.

VIII. Alessio fu per vero di non molto elevata taglia, informato sì, ma non di soverchio, il perchè tenendosi ritto la sua maestà colpiva meno gli sguardi altrui di quando seduto sul regio trono e vibrante di contro sue fulgide luci. In allora a fe del Nume gli occhi de’