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LIBRO SECONDO. 137

ce e l’arco, ed anche, se vuoi, getto via l’elmo. Rassicuratosi di questo modo Spatario lo fa montare nella sua nave, ed affettuoso gli pone le mani al collo e bacialo come vecchio amico.

XXXIV. Ma Giorgio, impaziente e contrario ad ogni ritardo, mette di colta in esecuzione i proprj disegni. Laonde salita la prora così favella ai rematori: „Che vi fate e dove procedete, artefici di mali gravissimi, che alla fine delle fini ricadranno sopra voi stessi? La città, come vi è noto, ha spalancato le porte; il testè gran domestico è stato ora acclamato imperatore. Mirate in armi i seguaci del nuovo Augusto, udite l’universale applauso rimbombare per tutte le piazze; altri non può ascendere al trono regale. Sia pur buono Botaniate, migliori a molti doppj abbiamo i Comneni; se forte è l’esercito di lui, è il nostro di gran lunga maggiore: Non si conviene pertanto che vi mostriate traditori di voi stessi, delle consorti e della prole. Fattivi dunque a considerare lo stato della città, entro cui va per ogni dove il nostro esercito, acclamando apertamente colle inalberate bandiere e con libera voce Alessio imperatore, ed accompagnandolo, ornato delle imperiali insegne alle porte stesse del palazzo; fattivi, ripeto, a considerare l’avvenuto, seguite, girando la prora, le parti del vincitore, e troncate con pronto arrendimento e colla certezza di assai profittare, un certame, che, ostinandovi, con solo vostro danno verrebbe protratto. Quando invece afferrata l’occasione di ben meritare del nuovo principe, egli andrà debitore in parte della sua vittoria all’opera vostra.„ Persuasi i noc-

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