XXXIII. L’imperatore Niceforo vedendo i gravissimi disordini, la sua persona ridotta alle strette, assediata da per tutto all’intorno la città, i Comneni standole addosso dall’oceano e Melisseno attendato a Damali, molto si rimase in forse non sapendo a che appigliarsi in cotanto dubbio frangente; da ultimo si propose di far pruova in preferenza della benignità di Melisseno, cercando averlo seco mediante l’offerta del principato. Risolutosi alla fine di eseguire questo suo divisamento, sebbene tardi e già caduta la città, inviògli altro de’ più fidi suoi per indurlo a venire nella reggia, ed un per nome Spatario, uomo assai forte, accompagnava il messo. Occupata la città Paleologo, scelto uno de’ suoi a compagno, direttosi al mare entra in piccola barca venutagli per fortuna incontro, e comanda ai rematori che volgano il corso là dove la armata di mare solea tenersi all’àncora. Approssimavasi di già all’opposto lido, terminato quasi il tragitto, allorchè vede il messo di Botaniate, come dicemmo, sciogliere un vascello per condurre Melisseno alla reggia. Ora essendosi il compagno di lui, Spatario, posto in altra delle navi armate pel guerresco servigio, Paleologo da lunge ravvisatolo ed accostatoglisi più da vicino, avendo avuto in altri tempi seco amicizia, domandagli perchè fosse nella nave, a qual fine, ed ove diretto; di più se lo riceverebbe in sua compagnia. Spatario, impauritosi alla vista di Giorgio armato di spada e scudo, rispondegli: Con tutto il piacere ti accoglierei se non ti mirassi in armi. E quegli a lui: Non più indugj, eccoti immediatamente, se consenti di avermi teco, l’acina-