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LIBRO SECONDO. 125

gna: secondo equità, mansueludine, e giustizia, aggiungendovi del suo: O imperatore Alessio. Non appena così parlato scomparve, indarno mio padre, allentate pienamente al destriero le briglie, ricercandolo con avido occhio d’ogni intorno per apprendere da lui, potendolo arrivare, chi si fosse, ed a che pro fattagli tale predizione.

XXV. Al suo ritorno, dopo infruttuosa carriera, addimandavagli Isaacio, mal comportando esserne all’oscuro, che si volesse dire l’avvenuto; e vinta alla per fine la diuturna costanza di lui messosi al niego, s’ebbe l’arcano. Mio padre tuttavia ne’ suoi famigliari discorsi, tenuti poscia o collo stesso Isaacio o con altri, ascrivere solea il fatto ad illusione o prestigio; quantunque riandando in seguito nella sua mente l’apparsogli allora sotto vescovile forma, estimava entro sè non avervi gran differenza infra l’aspetto di lui e quello del teologo figlio del tuono1. Laonde Isaacio rimembrando che l’annunzio portato da quelle parole in tal punto compievasi (poichè tutto l’esercito ad una voce era in sull’acclamare A!essio), più fortemente insisteva, quasi costringendo il renitente fratello a lasciarsi porre il rosso calzare, come da ultimo ottenne. Primi ad acclamarlo furono i Duca favoreggiatori di Alessio e per altri motivi, e per avere la mia genitrice Irene, della costoro famiglia, contratto legalmente seco matrimonio. Essi furono seguiti con pari alacrità di acclamazioni da tutti i loro

  1. S. Giovanni Evangelista.