diretto al regio tesoro per versarvi non frivola somma di pecunia, lo invita a pernottare seco, per quindi la dimane proseguire il cammino ove meglio e’ bramasse; ma titubante ed a malincorpo acconciandosi quegli alla proposta, Cesare tuttavia, facondissimo parlatore, di elevatissimo spirito e nell’arte di persuadere non inferiore ad Eschine o a Demostene1, riuscì colla forza del suo discorso ad averne il consentimento. Venuti pertanto di compagnia ad un albergo, egli tutto pose in opera per tirarlo dalla sua, degnandosi averlo commensale e premurosamente curando che venisse fornito di comodo letto. Al mattino, sul levar del sole, Bizanzio, imbrigliato il cavallo, disponevasi a procedere verso la città, se non che Cesare vedutolo prossimo a montare in arcione: Tralascia, dissegli, e vieni con noi. Or quegli non sapevole per qual via si condurrebbe, e sospettando già dove tendessero le cortesie d’ogni maniera usategli, vi si rifiutava. L’altro in cambio insisteva coi prieghi e blandimenti; ma poscia osservate di verun profitto le dolci parole, passò ad altre più risentite, e neppur da esse ritraendo vantaggio ordina che il danaro e le bagaglie di lui uniscansi ai proprj giumenti, e quindi lo accomiata con ampla facoltà di andare ovunque gli attalentasse. Bizanzio allora, paventando lo sdegno de’ regi questori presentandosi loro innanzi a man vuote, pensò di
- ↑ Sommi oratori greci; il primo fu discepolo di Isocrate ed emolo di Demostene. Il secondo colla sua eloquenza difese la pubblica libertà contra Filippo re di Macedonia, ed ebbe a maestri Isocrate e Platone.