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c'hegli era stato autore che l'armi in Fiandra contra certe città gli erano state in quel tempo mosse. Per la qual cosa comincio a trattare con Papa Leone di cacciarlo d'Italia. Il quale assai tempo innanzi attendeva per lettere et ambasciate a sollicitarlo, perché alle cose d'Italia provedesse: ne permettesse che il Re di Francia, il quale affermava essere ad ambidue commune inimico, con l'acquistare nuove forze più l'uno giorno che l'altro crescesse.
Credesi che 'l Papa pigliasse tale deliberatione. Perché essendo stato dal Re poco innanzi ricercato che ad Adriano Cardinale d'Ambuosa, il quale egli haveva sopportato in Francia due anni legato, per qualche tempo ancora nella medesima degnita confirmasse, et havendogli il Papa risposto, che tale cosa era dannosa alla corte Romana, et di non buono essemplo il concedere ad alcuno per tanti anni tanta potesta, il Re sdegnato che Papa Leone li negasse quello, che a passati Pontefici non era parso mai grave concedere a Re di Francia, pel nuntio, che alhora in corte si trovava, li fece intendere, che non era per mancargli occasione di vendicarsi di questa ingiuria. Il Papa, essendo di questa cosa avisato, stava di massimo animo, et grandemente d'ira verso il re acceso: et pensava che le cose sue andasseno bene, poi che egli recusava la sua amicitia: ne sprezzava quelli, che con desiderio la cercavano. Accresceva ancora l'odio del Papa Francesco Maria dalla Rovera Duca d'Urbino: il quale egli pensava, che dal Re fusse stato mandato fuori ad assalire lo stato Ecclesiastico. Et per cio niuna cosa era, che più desiderasse, che vendicarsi di Franzesi, et satiare l'animo suo. Feceno adunque lega il Papa, et l'Imperadore con queste conditioni, che dovesseno cacciare i Franzesi fuori d'Italia, con armi et spese communi: che Piacenza et Parma obbedisseno alla chiesa Romana, et Francesco Sforza constituissino Duca