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DI PAOLO FERRARI. 17

del Ferrari, è un’intima organica simmetria, a volte curata al punto da rilevarsi e parer sino eccessiva, ma simmetria, in cui tutte le parti si combaciano e si corrispondono, in cui ogni contrasto è studiato, ogni minuzia — a quel dato posto — risponde a quel dato fine, ogni più lieve sfumatura ha il suo motivo e tutti i congegni sono così delicati e connessi che se un solo ne togli o ne sposti, tutta la struttura se ne risente. Eppure da questo lavoro di pazienza artistica, minuta, che parrebbe dover fermare ogni volo della ispirazione, che spaventa il conoscitore per le difficoltà superate, balzano fuori ogni tanto figure delle quali, appena affacciatesi, la leggenda dell’arte si impadronisce, caratteri che vanno di diritto a mischiarsi nel famedio colla famiglia dei tipi che rimangono, macchiette vive e palpitanti, pagine di alta e commovente eloquenza, e scene strazianti ove il poeta riversa, come nel quart’atto del Cause ed effetti, le angoscie vissute della vita sua. Oh come allora questo idealista sa trovarle in se, nel suo cuore di padre tornante alla imagine della figlia perduta, la potente e terribile illusione del vero! Come allora paiono vere e profonde le parole di un maestro della scena francese, che il dolore ha spezzato molte nature alle quali per vincerlo è mancata solo la facoltà di versarlo in un’opera d’arte, in un libro, o in una commedia! Perchè il dolore che si espande si calma. Traversando lo spirito del poeta il dolore vi depone i germi fecondi; il cervello li raccoglie, li elabora,