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Nella teoria dell’evoluzionismo non si è esaurito il cervello di Darwin: anche i suoi lavori speciali sulla geologia americana, sulla genesi delle isole corallifere, sulle piante arrampicanti e sulle carnivore, il suo ultimo studio sui lombrici come generatori della terra coltivabile, sono monografie di primo ordine e ognuna di esse segna una scoperta di fatti nuovi, una rivelazione di nuove leggi. La storia del suo viaggio intorno al mondo è un modello nel suo genere e ci insegna come ad interessarci non occorrono i fuochi fatui delle frasi, le iperboli della rettorica o i lenocinii dello stile. Tutte le opere di Darwin, dal più oscuro opuscolo all’opus maximum, sono tutte improntate allo stesso marchio: grandezza e semplicità, genio e naturalezza.

Parlare di Darwin in un’ora sola parmi più che leggerezza, una profanazione, ma perdoniamoci l’involontario peccato, pensando che siamo qui raccolti per innalzare il nostro grido di rimpianto, non già un monumento di critica e di storia. Sulle tombe ancora aperte si piange e non è che più tardi, che si tenta di consacrare nel marmo le lagrime del dolore. Qui sia concesso al cuore il primo posto.

Non dimentichiamo però un ultimo tributo di gloria del grande inglese, la sua opera sull’espressione. I grandi anatomici e fisiologi, che l’avevan preceduto, avevano studiato un solo lato del problema della mimica o avevano esaminato l’espressione in rapporto coll’arte e coll’estetica. Egli invece, colla sua mente larga e comprensiva tracciava le leggi generali, che governano l’espressione nel mondo animale. Il suo libro è uno dei più splendidi monumenti innalzati dal suo