rano nettamente ogni questione di fede dalla grande teoria dell’evoluzione; per poco non si fa un santo di quell’eresiarca pochi anni or sono maledetto: infine gli si assegna senza dispute e senza contradittori un posto a Westminster accanto a Newton, non lungi da Herschel; e se le ceneri umani potessero ancora palpitare di gioia, l’invalido di Down potrebbe fremere in quella tomba, in quel posto, egli il legislatore delle forme vive messo accanto a due massimi legislatori dei cieli. Dicono che l’uomo sia un animale ragionevole; parmi che qualche volta sia anche giusto. Dopo tanto stridere di ironie per l’uomo scimmia, e pei piccioni di Down, dopo tante calunnie brutali lanciate contro il darwinismo, la giustizia si è resa e il popolo più religioso d’Europa ha messo Darwin accanto a Newton. Consacrazione più solenne, tributo più alto di onoranza non poteva farsi da un popolo più potente ad un uomo più grande. Raccogliamo una severa lezione per tutti gli intolleranti. La scienza non offende nè può offendere la fede: l’una e l’altra hanno missione diversa e zampillano da diverse sorgenti della natura umana. Darwin non fa guerra al Vangelo, nè la verità vera non ha mai soffocato un palpito delle ineffabili e misteriose aspirazioni del cuore umano. La scienza può distruggere l’industria delle simonie, può spegnere i ceri della superstizione, ma non distrugge nè distruggerà mai il bisogno di sperare, il bisogno tutto umano di affacciarsi agli abissi dell’incomprensibile e di inalzarvi come rifugio alpino al temerario viaggiatore, un tempio per sperare, fors’anche per credere. Darwin ha allargato i confini del Dio provvidenziale,