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pari stima ed affetto nelle lunghe corrispondenze, che ebbe con loro!

Un amico gli rimaneva, col quale soleva aprire intero il suo animo, col quale divideva ogni sua gioia e speranza, il fratello. Ma anche questo gli fu tolto, e dopo questo acerbissimo colpo, un altro di lì a tre mesi, la morte del secondogenito, giovine di rare virtù, venne a trafiggerlo nel più vivo del cuore. Da quel giorno non ebbe più nè riposo, nè pace. L’infermità, che aveva infiacchito le forze, e non gli dava di trascinarsi, che a stento alla diletta biblioteca, s’aggravò siffattamente, che il dì sei di febbraio 1874 fu rapito agli amplessi della virtuosissima moglie, della esemplare famiglia, circondato dal loro affetto e dai conforti della religione, della quale fu sempre propugnatore sincero ed osservatore devoto.

Sul limitare del santuario domestico s’arresta il biografo; ma facendo punto e deplorando nel privato infortunio la pubblica calamità della Patria orbata in pochi anni di tanti illustri suoi figli, io fo voti, che salgano a riempiere il vôto, che lasciarono i Balbo, i Gioberti, i Peyron, i Plana, i Promis, i giovani, che sdegnando di correre pei floridi sentieri di una letteratura frivola accasciatrice, alle lotte politiche preferiscono le gare emulatrici nei campi dell’intelligenza e della virtù, e vogliono con studi costanti e severi imitare di quei grandi l’esempio, per tenere a fronte degli stranieri alto il nome, alto il vessillo della gloria italiana.