Pag. 142, v. 4. - Apollo aveva, insieme con Poseidone, edificate,
per incarico di Laomedonte, le mura di Troia, presso il Simoenta.
Pag. 143,.v. 2. - Anche negli Uccelli (244 sg.) Apollo si entusiasma pql canto dell’usignolo, e tutti i Numi per le grida dei cigni
(851 sg.).
Pag. 143. v. 6. - Assai trasparente è il nome e l’ufficio di queste
Divinità, naturali seguaci di Afrodite (cfr. Lisistrata, nota a v. 3).
Pag. 143, v. 12. - Tetralogia composta da Gli Edoni. I Bassaridi,
I Giovinetti, e Licurgo, dramma satirico.
Pag. 145, v. 6. - Celebre tragediografo, le cui melodie, ispirate
come dice Aristofane (Ucc.. 832), al canto degli usignuoli, entusiasmavano così i profani come i più raffinati intenditori di musica.
Pag. 145, v. 14. - 11 tragediogralo Filocle, camuso e nano, aveva
in Atene il nomignolo di allodola (Ucc., 1375). Senocle, figlio del
cattivo tragediografo Carcino, poco superava il padre in abilità artistica
(cfr. p. 164. v. 27. e Calabroni, 1651 sg., e Pace, v. 820 sg.). La frigidità di Teognide era famosa, e vi si allude anche negli Acarnesi (152).
Pag. 146, v. 2. - Una delle solite allusioni ai bassi natali del poeta,
figlio, a quanto dicono i poeti comici, di una erbivendola (cfr. p. 162^
v. 17, p. 165. v. 18, e la nota al v. 476 degli Acarnesi).
Pag. 147, v. 13. - Parole con cui neH’ìd/cestf d’Euripide il vecchio
I-erete si schermisce dal sacrificarsi pel figlio.
Pag. 150, v. 8. - Come facevano i cuochi ai maiali, quando li esaminavano, per soffocare i loro strilli.
Pag. 151, v. I. - Per trovarci asilo inviolabile.
Pag. 152, v. 3. - Nel testo è un intraducibile giuoco di parole,
fondato sul duplice significato di psilós, sbarbato, e armato alla leggera.
Pag. 152, v. 6. - Uomo effeminato, di aspetto donnesco. Mnesiloco
crede di ravvisarne le sembianze nel proprio volto sbarbificato.
Pag. 156, v. 6. - In una situazione certo analoga a questa, un
personaggio delle Kalendae mariiae, atellana di Pomponio, diceva:
» Vocem deducas oportet. ut videantur mulieris verba ».
Pag. 157, v. 2. - Della euripidea Melanippide savia, oggi perduta,
è questo verso, di cui Aristofane si fa beffe anche nelle Rane (v 118119).
Pag. 157, v. 3. - Verso di ardua interpretazione. Intendo che