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NOTE 237

NOTE 237 Pag. 133, v. 8. - Illazione illogica e buffonesca, ben conveniente a! tipo incarnato da Mnesiloco. Pag. 133, v. 9. - Questo verso per qualche espressione ne ricordava un altro di Euripide. Pag. 133, v. 12. - Euripide aveva presentati su le scene molti eroi divenuti zoppi; cioè li aveva azzoppiti, secondo il modo’ di ragionare di Mnesiloco; onde questi si augura che il genero gli (accia lo stesso servizio, per essere in tal modo dispensato, per forza maggiore, dal tenergli dietro. (Cfr. Acarnesi, nota a pag. 46, v. 2), Pag. 135, v. 7. - Dice lo scoliaste che chi s’accingeva a scrivere un dramma offriva prima un sacrifizio ai Celesti. Credo invece che qui Aristofane tribuisca questo costume ad Agatone, per deridere la solennità un po’ ciarlatanesca onde questi faceva valere 1 arte sua. Pag. 136, v. 3. - Il servo di Agatone, come negli Acarnesi quello d’Euripide, ha imparato dal padrone il bello stile. Pag. 137, v. 17. - In quest’ultima strofetta, Mnesiloco accozza un po’ a casaccio alcune delle espressioni udite dal servo di Agatone. Pag. 138. v. 7. - In questi versi si incolpa Agatone di frigidità. Pag. 139, v. 4. - Mnesiloco, al solito, sentendo la parola «deciso a, pensa a una decisione tribunalizia. Pag. 139, v. 13. - Anche il suocero, per quanto affezionato, deve riconoscere che Euripide, nella sua campagna contro le donne, passava il segno. Cfr. pag. 162. vv. 15 sgg. e la nota a pag. 36, v. 9 della Lisistrata. Pag. 140, v. 7. - 11 testo dice: è nostra la pyramùs, focaccia di frumento e miele che si dava in premio a chi nelle feste notturne resistesse fino all’alba senza chiudere occhio. Pag. 141, 1. 3. - Macchina rotante che serviva per le apparizioni di Numi, eroi, etc. Pag. 141. 1. 4. - La presenza di questo coretto sembra dimostrata dal grido finale di plauso (ololygmé) a cui si associa buffonescamente Mnesiloco. Pag. 141, v. 3. - Spudoratissima cortigiana: e a vedere Agatone, c’era, secondo Mnesiloco, da confondersi. Pag. 141, v. 5. - Nel Chirone di Ferècrate si diceva, con analoga similitudine, che Timoteo aveva ridotta la melodia un formicaio.