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232 ARISTOFANE

Pag. 13, v. I. - Traduco, e con qualche libertà, la voce Anàgyros (che era nome di un demo attico, e designava insieme un’erba fetida), per rendere comprabile la osservazione scherzosa di Vincibella, che allude poi a una forse reale e tradizionale sudiceria dei coreuti, vittime abituali, del resto, dei personaggi comici. Pag. 16, v. 8. - Eucrate era un generale ateniese: così fido, secondo insinua Aristofane, che i soldati dovevano tener d’occhio più lui che! nemici. Pag. 17, v. 3. - Pare che ai Milesi, i quali, del resto, non godevano fama di costumati, si tiibuisse l’invenzione di simile trastullo. Milcto si era allontanata dagli Ateniesi (Tucidide, Vili, 17). Pag. 17, v. 7. - Si aspetterebbe: e venire alle mani: prima di farlo, naturalmente, i contendenti si sbarazzavano delle vesti più ingombranti. Pag. 17, v. 9. - Mi allontano un po’ dal testo per rendere più italiana l’espressione. Pag. 17, v. IO. - 11 testo dice dal Taigeto. Pag. 19, v. 5. - II modo proverbiale greco, che adombro con questa espressione italiana, diceva: non siamo che Posidone e Battello: e non se ne vede l’origine. Pag. 20, v. IO. - A che alluda questo proverbio che qui si tribuisce al commediografo Ferecrate, si rileva dalla risposta di Vincibella. Pag. 22, v. 9. - La fantesca deve compiere qui un ufficio di solito affidato agli arcieri, reclutati unicamente fra gli Sciti. Indi il nome assegnatole da Lisistrata. Pag. 22, v. 11. - Per fare l’offerta. Pag. 22. v. 15 - Si allude ai Selle a Tebe, v. 42 sg. Pag. 23. v. 4. - Noi non ne sappiamo più di Lisistrata, Pag, 23. v. 9. - Si aspetterebbe: di non rompere la pace. Pag. 24. v. 3. - Offerta frequente, specie nei Misteri celebrati da donne, era il cinghialetto. Onde con questo nome Lisistrata designa scherzosamente l’otre di vino che ne fa le veci. Seppure non vogliam credere si trattasse di un vaso a forma di testa di cinghiale. Pag. 27, v. 2. - Il testo: non starò come una lionessa su la grattugia. Si vede che se ne dovevano scolpire sui manichi di questi utensili. Pag. 31, v. 10. - I fatti a cui qui si allude sono abbastanza noti (vedi Erodoto, V, 66 sg., e Aristotele, Costituzione d’A lene, XX). Ari