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LE DONNE ALLA FESTA DI DEMETRA 127

non abbia voluto concedere a questi brani il medesimo amore onde scaturirono, pochi anni dopo, i cori meravigliosi delle Rane. Come condotta scenica, invece, le Donne alla festa di Dèmetra si devono annoverare fra le più felici commedie del teatro aristofanesco. Intanto Euripide non formula egli, come quasi tutti gli altri eroi d’Aristofane, un progetto la cui esecuzione implichi lo svolgimento dell’azione; ma invece è incalzato dalla necessità, è costretto a fare quello che fa: e ciò basta a dare un carattere più drammatico all’andamento di tutte le scene. Poi, la seconda parte della commedia, la sfilata dei mechanémata, sebbene abbia la forma di quelle vecchie code appiccicate all’azione, costituisce però in sostanza un logico e necessario sviluppo del dramma; sicché lo scioglimento non càpita, come in quasi tutte le commedie precedenti, sino agli Uccelli, verso la metà dell’azione, bensì alle ultime scene. E, finalmente, se il coro è trascurato dal lato artistico, dal lato drammatico è invece trattato con grande abilità. Non ha esso, infatti, come nella maggior parte delle altre commedie, carattere di convenzionale superfetazione; ma appare, nella convenzione comica, il vero coro delle donne che celebrano i Misteri. E anche noi moderni, tanto esigenti in fatto di verisimiglianza, potremmo in questi limiti tollerarlo in un lavoro drammatico.