Agatone disinteressò poi il coro dall’azione, rendendolo
quasi un semplice interludio. Ma il naturale svolgimento del
dramma, si tragico, si comico, conduceva a tale diminuzione;
e il processo era già molto avanzato con Euripide.
Ancora, introdusse per primo, nei canti corali dei suoi
Misi, lo stile cromatico. Ma in ciò non faceva che applicare
alla tragedia le innovazioni del ditirambografo Timoteo. E
forse è anche da revocare in dubbio se sia legittimo l’attribuirgli tale non grande novità. Il frammento corale dell’Oreste
d Euripide, trovato nella collezione di papiri dell’ arciduca
Ranieri, è scritto in stile enarmonico, se ci atteniamo ad alcune notizie di Aristide Quintiliano, o, meglio, cromatico, se
ci convinceranno le sensatissime osservazioni del Gevaert. E,
pur ammesso che l’Oreste sia posteriore ai Misi, mi par difficile che Euripide, così caldo amatore di novità e ammiratore
di Timoteo, aspettasse l’esempio di Agatone per seguire in
una innovazione tanto radicale il maestro prediletto.
Più che veramente innovare, Agatone rincarava dunque
su ciò che avevano fatto gli altri. Gli rimane il merito di essersi nell’/4n//ios allontanato dai soggetti mitici. Ma vediamo
d altra parte che la sua opera fu molto scarsa. Non appartenne egli certo alla schiera di quei farfanicchi che, scompisciata una tragedia, si trovavano a secco (Rane, 111 sg.).
Ma le sei tragedie di cui ci restano i titoli, e che molto probabilmente costituivano tutta la sua produzione (Erope, Alcmeone, Teìejo, Tieste, 1 Misi, Anthos), sembrano ben tenue
cosa di fronte alle centinaia di capolavori dei tre grandi tragici. Certo Agatone non possedè quella visione personale della
vita e dell’arte che consente le grandi produzioni. Non possedè il genio.
Ma saremmo certo ingiusti se ci arrestassimo a questa
parte negativa. Meriti, Agatone dovè certamente averne. La
sua eloquenza e la conseguente arte di far ben parlare i per