originaria la coesistenza dei due contrasti, l’uno fra il Discorso
giusto e l’ingiusto, l’altro fra Lesina e Tirchippide.
Il contrasto ci è già apparso nei Cavalieri, e lo troveremo
in molte’altre commedie. Quello però delle Nuvole fra i due
Discorsi, e l’altro fra Povertà e Scaracchia nel Fiuto, sembrano
più immediatamente accennare alla origine e alla primitiva essenza di questo elemento drammatico cos! caratteristico della
commedia attica. Queste due dispute ricordano altre forme letterarie volgari, che, in vari tempi e diverse regioni, si sviluppano indipendentemente, preludendo quasi sempre a qualche
più ampia forma drammatica: ai Conflictus del Medio Evo, ai
Débats francesi, ai Kampfgespràche di Hans Sachs, ai Contrasti
insomma, che troviamo in ogni parte d’ Italia, dal Trentino e
la Lombardia (Bonvesin de Riva) alla Toscana, all’ Umbria
(Iacopone), alla Sicilia, a Napoli, dove, non saprei se ora, ma
certo fino a poco tempo fa, se ne potevano udire in piazza. Il
Carnevale romano, anche nella sua presente mortale anemia, ne
conosce esempi; e sui muricciuoli si possono tuttora vedere il
contrasto fra il Ricco e il Povero, fra la Morte e l’Avaro, fra il
Contadino e il Cittadino.
Il primo germe di questi contrasti devesi ricercare in quei
canti amebei di sfida, cari ai contadini d’ogni tempo e d’ogni
paese. Orazio, nell’avventuroso viaggio a Brindisi, ne gustò un
saggio interessantissimo fra il nauta e il viator multa prolutus
vappa.
Anche la Grecia conobbe certo simili contrasti; e la farsa,
che in origine, come vedemmo, frequentò più che altro le campagne, li assimilò presto, alterando, si capisce, il loro carattere,
e sposandoli, pare, alla cantilena d’un flauto. Nelle Donne a
Parlamento, infatti, una vecchia e una giovane si sfidano a can