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4 ARISTOFANE

ciava, probabilmente a bastonate, un tale, invitato a pranzo il giorno avanti. I lettori han già riconosciuto in questo bifolco un antenato di Lesina, nel filosofo eracliteo una delle tante incarnazioni del sapiente, di cui abbiamo parlato nella introduzione e un predecessore del Socrate delle Nuvole. In questo non si ravvisano che poche linee, puramente esteriori, del vero Socrate: il camminare scalzo, il roteare lo sguardo. E lo stridente contrasto fra la dottrina socratica, quale risulta dai dialoghi platonici, e le teorie esposte dalla maschera aristofanesca, non può sfuggire ad alcuno. Veramente nel Fedone, Socrate dice chiaro che nella sua prima gioventù s’era occupato di quistioni metafisiche. Ma la primitiva immagine, non originale, di Socrate giovanetto, non poteva divenire né divenne mai popolare in Atene. E non meno inutile mi sembra scrutare nei vaniloqui del maestro di Lesina le tracce d’un sistema, da attribuire meglio a questo che a quel filosofo. La esposizione di Socrate non è un tutto organico. Nella parte negativa è una scelta delle più piccanti confutazioni escogitate dai filosofi naturalisti ad abbattere le superstizioni popolari intorno ai fenomeni naturali. La parte positiva pare anch’essa un’accozzaglia di varie dottrine. Troviamola vscpffiv aòyxptaic di Anassagora, la ctvv) (qui 5fvo?) di Democrito, la signoria dell’Etere e le Nubi animate di Diogene d’Apollonia. Non è improbabile che molte di queste teorie e confutazioni fossero raccolte nel libro Della Natura di Anassagora, libro che divenne popolare in Atene, ma fruttò il bando all’autore (432 a. C.). Certamente Anassagora dove’ riuscir tanto poco simpatico ad Aristofane quanto era ammirato da Euripide. E quando pensiamo alla supremazia sopra ogni cosa che