Questo mio corpo io lascio a loro arbitrio,
perché mi si bastoni, mi si faccia
patire gelo, fame, sete, lercio
mi si riduca, mi si metta in concia:
solo ch’ io giunga ad evitare i debiti,
e la gente mi stimi temerario,
pronto di lingua, fegataccio, faccia
franca, lezzone, montator di trappole,
rotto alle brighe, professor di chiacchiera,
volpone, azzeccagarbugli, pendaglio
da forca, anguilla, ciarlatano, nacchera,
osso duro, sornione, birba, pittima,
leccapiatti, girella. Purché m’abbia
chi m’incontra, a chiamar con questi titoli,
mi riducano pur com’essi vogliono.
E, per Demètra, se gli salta il ticchio,
di questa mia ciccia
pei pensatori ne faccian salsiccia!
coro
Di costui l’alma non è
vii, ma pronta! Ammaestrato quando poi sarai da me,
sappi che fra i mortali la tua celebrità
sino al ciel salirà!
lesina
Che mi capiterà?
coro
Che la più lusinghiera
vita del mondo meco farai, da mane a sera.