Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) II.djvu/201

198 ARISTOFANE



schifacleone

Vuoi servitù peggiore? Ogni ufficio costoro
tengono, e scroccan paghe coi leccazampe loro:
tu poi, quando ti dànno tre soldi, ti contenti.
Te li sei guadagnati bene, con mille stenti,
in battaglie, in assedi di città! C’è di più!
Devi trottare, e questa proprio non mi va giù,
a cenno d’altri, quando ti muove incontro, a cianche
larghe, così, smenando tutto lascivo lanche,
un bardassotto, figlio di Cherèa, che t’avvisa
di trovarti alle Assise proprio all’ora precisa.
Con caricatura.
«Chiunque di voialtri verrà dopo il segnale,
non toccherà triobolo! » — Lui piglierà tal quale
la sua dramma di pubblico ministero, magari
giunga l’ultimo! E quando sborsa un po’ di denari
qualche imputato, stretta lega con un collega,
si dan da fare, intrigano: e poi, come chi sega,
uno tira, uno molla. Tu a bocca aperta occhieggi
il cassiere, e ti sfuggono tutti questi maneggi!

filocleone

Ahi! così me la fanno! Che dici? In fondo al petto
come il cuor mi rimescoli! Non so dir quale effetto
tu in me produca, e come questa mia mente affini!

schifacleone

Tu dunque, e tutti gli altri potreste aver quattrini.
Ma questi arruffapopoli, né me ne rendo conto.