I Calabroni furono scritti probabilmente poco dopo l’elevazione dell’ indennità giudiziaria da un obolo a tre. Scopo principale della commedia è mostrare ai cittadini d’Atene, entusiasti di quel miglioramento, come i demagoghi, illudendoli e
tappando loro la bocca con quell’offa, divorassero poi quasi per
intero, essi coi loro accoliti, i tributi delle città alleate. La dimostrazione svolta nel contrasto da Schifacleone, ha la precisione
di linguaggio, l’aridità d’un’esposizione finanziaria. Non so leggerla senza pensare ai versi d’Orazio (Sat. I, 4, 45):
Idcirco, quidam, comoedia necne poema
esset, quaesivere quod acer spiritus ac vis
nec verbis nec rebus inest, nisi quod pede certo
differt sermoni, sermo merus.
Ma questa tagliente nudità dove impressionare, impressiona
ancor oggi più di qualunque acceso volo d’eloquenza.
S’aggiunge e concomita col primo fine la canzonatura della
mania giudiziaria che aveva sempre, invaso gli Ateniesi. E