nendosi allo spirito di simmetria che oramai doveva incominciare a dominare il dramma attico, ma forse anche modellandosi sui dibattiti forensi, in cui le due parti avevano a disposizione uri tempo uguale, definito dalla clepsidra, i discorsi dei
due contendenti si distesero per un ugual numero di versi. Circa
i più minuti particolari di forma, il contrasto si modellò poi,
come ogni altra parte della commedia, sul tipo della parabasi.
Definitasi la forma, si gittano in essa, con procedimento che
si verifica anche altrove nelle commedie di Aristofane, anche
orazioni non in dibattito: tali, per esempio, l’allocuzione di
Gabbacompagno, negli Uccelli, o quella di Prassagora, nelle
Donne a Parlamento. Nulla però costringeva il poeta a introdurre nelle sue commedie un contrasto. Questo entra nella farsa
ben prima che si fonda con essa l’inno falloforico. Ma non è
punto un elemento essenziale della nuova combinazione, un
sigillo della sua origine; e però può mancare. Manca infatti
assolutamente in due commedie aristofanesche della prima
maniera, gli Acarnesi e la Pace.