Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) I.djvu/90


PREFAZIONE LXXXVII

Chi Timòteo? MUSICA Quel di Mileto... il Rosso! In farmi danno tutti i colleghi superò: con lui la melodia divenne un formicaio: e imbattutosi in me, che derelitta me n’andava, spogliommi, e mi diè il colpo di grazia con le sue dodici corde. (‘) Mentre per tanti lati Ferecrate si isola e distacca dall’indirizzo più specialmente politico ed aggressivo, per altri sembra preannunciare addirittura la commedia nuova. A giudicare dai titoli, dai soggetti, dai frammenti, non avrebbero stonato nell’epoca di Menandro le tre commedie d’etère, Thàlassa, Pelale, Coriannó. E alcuni frammenti dell’ultima si compongono naturalmente in una scenetta di pretto sapor menandreo. Luogo d’ azione, I’ atrio della casa di Glice, etèra. Arriva dal bagno la padrona, accaldata e stanca, in compagnia d’un’amica, e chiede alla figliuola (o alla schiava?) da sedere e da rinfrescarsi. Mentre chiacchiera di cose indifferenti, giunge la protagonista, Coriannó, anch’essa infiammata ed assetata; e Glice le fa mescer vino dalla fanciulla. Questa, come vedremo, non riesce però a compiere in maniera soddisfacente il proprio ufficio (Framm. 67-70): (’) Tralascio qualche verso che mi sembra addirittura intraducibile.