Sconeano gorgogliando dei fiumi che nel letto
onde di farinata volgeano e di brodetto
per inzupparvi i pani: cosicché grasso grasso
schiudeasi ogni boccone in gola ai morti il passo.
Salsicce, ed involtini di carne che bolliva,
i fiumi come ciottoli gittavano a la riva.
C’eran pezzi di carne rosolata, con mille
contorni; fra le bietole sepolte eran le anguille.
Qua si miravan viscere di bovi; sui taglieri
più colà tenerissimi prosciutti intieri intieri.
Costolette di porco, d’un ghiotto color d’oro
sedean sui pan buffetti; stavano accanto a loro
nei catini, bevande d’orzo e latte, e ricotte.
Grati effluvi spandevansi da le spalle stracotte.
Ohimè, ma tu m’uccidi! Tanto qui ti trattieni?
Corriam, corriamo al Tartaro, tuffiamoci in quei beni!
Che dirai dunque udendo quanto ancor deggio dirti?
A voi, sotto una nuvola d’anemoni e di mirti,
venian, già belli e arrosto, già nei crostini, i tordi
vicino alla tua bocca, e dicean: mordi, mordi!
Ti pendevan sul capo, cresciuti da sé stessi,
dei pomis i più leggiadri pomi che tu vedessi;
e fanciulle freschissime, cinte di tenui drappi,
mesceano, a chi volesse bere, ricolmi nappi
di vin rosso fragrante. Chi poi fra tante grasce
alcuna o beva o mangi, il doppio, ecco, ne nasce.