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In più mite atmosfera ci trasporta Cratete. In una commedia narrava chi sa che strane avventure di Lamia, la
fantasirpa che tanto impressionava la fantasia del popolino ateniese. In un’altra esponeva, certo comicamente, il
ritorno all’età felice in cui gli uomini avevano dimestichezza e menavano vita fraterna con le fiere. I Giuochi
erano imbastiti, come dice il titolo, sui vari giuochi e
passatempi più cari agli Ateniesi. Dei Sami ci resta un
grifo, simile come due gocce d’acqua a quelle filastrocche
senza capo né coda, tanto care, anche oggi, ai bambini (29):
La marina testuggine dell’eburnea fece
salamoia lessare in guazzetto di pece,
entro un pentol di cuoio. I granci han pie’ di vento,
i lupi l’ali stendono. Sono del firmamento
ritagli tutti gli uomini. Picchiami quello là,
torci il collo a quell’altro. In Ceo, che tempo fa?
Nella prima parabasi dei Cavalieri, Aristofane, rimproverando al pubblico la sua volubilità in fatto d’arte,
forma sul nostro poeta il seguente giudizio (577):
E quante vostre bizze ebbe a soffrir Cratete!
Quanti maltrattamenti! Pur, v’ammanma con poco
dispendio, bei pranzetti, da finissimo cuoco,
impastando urbanissime invenzioni! Del resto,
mi reggo e non mi reggo, se la cavò sol questo.