Ed ecco in qual modo si descriveva la meravigliosa
eloquenza di Pericle, la quale, a dir d’Aristofane (Acam,
538), fulminava, tuonava, sconvolgeva tutta la Grecia (94):
Rapfa nell’eloquenza a ogni uom la palma.
Come il buon corridor che a l’avversario
dà dieci passi giunta, e pur Io supera;
tal sorpassava tutti ei gli oratori.
Veloce nel parlare; e a lui Suada
parea sedesse su fe labbra: tanto
piacea su tutti; e agli uditori in seno
lasciava infissa del suo dir la punta.
Ad ognuna delle apologie seguiva il confronto —
triste confronto — con le attuali condizioni d’Atene. Domandava un personaggio, probabilmente Pericle (95-96);
Dunque nessuno ornai più resta, degno
del nome d’oratore?
E gli si rispondeva:
C’è Buzùge,
fior di canaglia, ottima a cicalare,
a parlare impotente.
Lo spirito militare è decaduto, e nessun generale ha
più rinnovellate le glorie del vincitor di Maratona (116);
i figli degeneri dai padri, la progenie del valoroso Mironide e dello stesso Pericle, montoni lascivi e stupidi;
la giustizia (non poteron mancare questi tratti, se pur non
risultano dai frammenti) in mano a cavillatori infami,