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LXXIV PREFAZIONE

Atene, — ben se’ tu, più che saggia, avventurata! (205) — sappiamo solamente che il poeta vi esortava i concittadini ad esercitare mitemente il loro imperio sulle città alleate:.grande e savio ammaestramento che, se ascoltato, avrebbe evitati agli Ateniesi gravi lutti. Dei Demi possiamo tracciare un disegno abbastanza ampio. Ed essi ci mostrano un tipo di commedia politica, o, meglio direi, civile, differente, e innanzitutto più elevato di quelli immaginati da Aristofane. I Demi furono rappresentati circa il tempo della spedizione di Sicilia, quando i mali che travagliavano la città erano giunti allo stadio acuto. 11 poeta immaginava che gli Ateniesi, nel decadere d’ogni istituzione, nel languore d’ogni sentimento civile e guerresco, nella deficienza assoluta d’uomini capaci di regger lo Stato, mandassero un’ambasciata all’Orco, a richiamar quegli uomini che, vivi, avevano resa un giorno grande e temuta la città, perché anche ora la soccorressero coi loro consigli, e vi ripristinassero quelle virtù che parevan bandite per sempre da Atene. Il sapiente legislatore Solone, l’integerrimo Aristide, Milziade e l’olimpio Pericle, tornavano alla luce del giorno; e li accoglieva il Coro, composto di vegliardi ateniesi rappresentanti i Demi. All’arrivo, si faceva l’apologia di ciascuno di quei grandi: e due di questi elogi ci rimangono, almeno frammentariamente. Meravigliandosi il generale Nicia di Aristide, domandava com’egli potè mai esser così giusto; e rispondeva Aristide stesso (91): 11 più fece natura: io la natura volenteroso quindi secondai.