Atene, — ben se’ tu, più che saggia, avventurata! (205)
— sappiamo solamente che il poeta vi esortava i concittadini ad esercitare mitemente il loro imperio sulle città
alleate:.grande e savio ammaestramento che, se ascoltato, avrebbe evitati agli Ateniesi gravi lutti. Dei Demi
possiamo tracciare un disegno abbastanza ampio. Ed essi
ci mostrano un tipo di commedia politica, o, meglio direi,
civile, differente, e innanzitutto più elevato di quelli immaginati da Aristofane.
I Demi furono rappresentati circa il tempo della spedizione di Sicilia, quando i mali che travagliavano la città
erano giunti allo stadio acuto. 11 poeta immaginava che
gli Ateniesi, nel decadere d’ogni istituzione, nel languore
d’ogni sentimento civile e guerresco, nella deficienza assoluta d’uomini capaci di regger lo Stato, mandassero
un’ambasciata all’Orco, a richiamar quegli uomini che,
vivi, avevano resa un giorno grande e temuta la città,
perché anche ora la soccorressero coi loro consigli, e vi
ripristinassero quelle virtù che parevan bandite per sempre
da Atene. Il sapiente legislatore Solone, l’integerrimo
Aristide, Milziade e l’olimpio Pericle, tornavano alla
luce del giorno; e li accoglieva il Coro, composto di vegliardi ateniesi rappresentanti i Demi.
All’arrivo, si faceva l’apologia di ciascuno di quei
grandi: e due di questi elogi ci rimangono, almeno frammentariamente. Meravigliandosi il generale Nicia di Aristide, domandava com’egli potè mai esser così giusto; e
rispondeva Aristide stesso (91):
11 più fece natura: io la natura
volenteroso quindi secondai.