Ma l’acre bile non ottundeva in lui né il sentimento
fine della bellezza, né la facoltà e la passione di esprimerlo con imVnagini colorite, con musiche parole. Egli si
compiace’ perfino di descrizioni floreali minute, accarezzate, nelle quali a me sembra di sentire un sapore quasi
direi più romantico che nelle aristofanesche. Appena un
cenno è nella reminiscenza di gioventù (239):
All’orecchio portavo o rosa o giglio
o molle spigo, in mano qualche pomo,
un bastoncino; e me n’andavo a spasso.
Ma ecco una contrada nella quale (325):
l’asparagio, l’euforbia, il suol di per sé stesso
e la salvia ed il citiso produce. Nel recesso
degli ombrosi valloni è in fior lo spigonardo;
e verbasco, pei campi, dove tu volga il guardo.
Negli Sfiaccolati (Malthakói), il corifeo, se non tutti
i doreuti, si presentava col viso nascosto di fiori, e li descriveva con evidente compiacimento (98):
Ho velato il mio crine di fior’ d’ogni maniera:
le rose, i gigli, i fiori di lavanda, il narciso,
l’anemone che i petali dischiude a primavera,
il giaggiolo, il giacinto, i gambi d’elicriso,
il croco, la vitalba, i ciuffi di cerfoglio,
la campanella; e il capo mi velo col trifoglio
che ognor sui prati è in fiore; e a cinger la mia fronte,
il citiso spontaneo mi giunge... da Medonte.