Usciva il Ciclope, e s’intavolava una conversazione.
Il callido eroe gli porgeva da bere, e gli tendeva il tra. nello del nome, intercalandovi una graziosissima beffa
(141):
To’ dunque, adesso prendi e bevi questo;
e dopo, il nome mio chiedimi... presto!
11 Ciclope trincava (135):
Un Marone così, non l’ho bevuto
nè lo berrò più mai!
Ma tra i fumi del vino passava una nube di tristezza.
La predizione del suo accecamento per opera d’un certo
Laerziade, gli tornava a mente. E ne chiedeva all’eroe
(136):
CICLOPE
Dimmi, quell’uomo, l’hai veduto mai?
ULISSE
Chi? Di Laerte il prediletto figlio?
L’ho visto a Paro. Comperava un grosso
cocomero da semi.
Il finale comprendeva, è naturale, l’accecamento del
mostro. E non è impossibile che fosse tracciato sullo
schema buffonesco che troviamo nella conclusione del
Ciclope euripideo e delle Dome alla festa di Demetra
d’Aristofane.
Qualche altra ricostruzione riuscirebbe possibile, ma