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LVIII PREFAZIONE


già gli aveva data la berta per la prima metamorfosi, lo
beffeggia col famoso verso (43, Kock):
Citrullo come un pecoro, va facendo beh beeh!
Sopraggiunge Paride, scopre gli amanti, e ordina di
trasportar l’uno e l’altra alle navi e consegnarli agli Achei.
Ma poi, intenerito dalle preghiere d’Elena, la trattiene
per farla sua sposa, e spedisce il solo Diòniso. E i satiri
seguono il Nume, giurando che mai non l’abbandoneranno.
Così finiva la commedia, della quale scopo precipuo
era, dice l’autore del riassunto, beffeggiare Pericle. Sarà.
Ma si doveva ad ogni modo trattare di allusioni spicciole:
in realtà questa commedia non fu che una bella e buona
parodia mitica.
E carattere simile aveva certamente VUlisse. L’azione
pare s’aprisse sulla nave, in mezzo al pelago. E i compagni d’Ulisse dicevano una specie di prologo (144):
Via, zitti tutti, che sul momento
da cima a fondo udrete l’argomento.
Itaca è nostra terra natale:
navighiam con Ulisse ai Numi eguale.
Ma scoppiava ad un tratto una furiosa tempesta (138):
Che venti ancora incombono
sull’acque? Un nembo asconde il firmamento.
Sia docile al timone il bastimento!
Approdano infine all’isola, scoprono l’antro del Ci