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PREFAZIONE LV

I primi prodotti della fusione furono, nel contenuto, cose senza capo né coda. Lo asseverano concordi le testimonianze antiche; e i commediografi del gran periodo attico, i quali del resto, quanto a condotta scenica, non erano ineccepibili maestri, non finiscono mai di beffare le composizioni dei loro predecessori. Causa non certo unica, ma pure precipua, di tale disordine, fu certo il Coro falloforico, elemento per natura sua ingombrante e antidrammatico. Esso diede invece alla commedia attica la sua leggiadrissima euritmia; e se ne intravvede il processo. (‘) Le prime forme dovevano essere semplicissime. Entravano dapprima i fallofori coreuti e cantavano il nuovo inno, diciamo pure, la parabasi. Seguiva, al loro cospetto, un intermezzo burlesco degli istrioni. E con un addio corale agli spettatori si chiudeva il breve spettacolo. A questo tipo semplice ed arcaico si riferisce senza dubbio l’antica notizia pubblicata dall’Usener, (’) secondo la quale le più vetuste commedie contavano su per giù trecento versi. Ma come s’intravvede chiaramente dalla struttura della commedia aristofanea. questo nucleo primitivo si raddoppiò, triplicò, quadruplicò. Naturalmente, la parabasi non conservava in ciascuna delle repliche il medesimo àmbito, ma, o divideva fra quelle il suo contenuto, o sacrificava or questa or quella delle sue parti, a seconda delle azioni drammatiche, che andavano a mano a mano acquistando maggiore determinatezza e congruità. Così la commedia riusciva divisa in tanti pezzi corali, misurati, dunque, se(’) Origine ed elementi, p. 92. (’) « Rhein. Mus.., XXVIII, 418.