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LIV PREFAZIONE

LIV viso umano, sia pure nascosto da visiere di fiori o da ghirlande, bensì maschere ferine, tra il porco e il gallo. Sa ranno fallofori) e dovremo supporre che le falloforie spontaneamente si complicassero sino a presentare mascherati i propri personaggi, come dal frammento di Pratina pareva che indipendentemente s’animassero di qualche contrasto drammatico? O non piuttosto dovremo scorgere in essi dei fallofori già tramutati in coreuti comici, e partecipanti ad una vera commedia? Tutti pensano già che il vecchio Magnete aveva presentato ai suoi concittadini un coro d’uccelli (Cavalieri, v. 556). E certo ha sapor di commedia un’altra figurazione, in cui dei personaggi molto simili a questi, gittati, come vedemmo facevano i coreuti d’Aristofane, gl’incomodi mantelli, hanno messo in libertà le loro membra pennute, e si abbandonano ad animatissima danza (fig. 33). Ma come i fallofori si trasformarono in coreuti? Anche a questa domanda possiamo rispondere ipoteticamente ma pur con qualche sicurezza. Nelle feste di Diòniso, quando le falloforie si celebravano con gran pompa, dovevano anche convenire in Atene, attratte dalla solennità, compagnie di istrioni vagabondi. Allora avvenne la fusione. E in origine gli istrioni non avranno fatto che interpungere di loro beffe gl’inni dei fallofori, che rimanevano pur sempre la parte sostanziale della composizione contaminata; onde si vede come giustamente Aristotele dicesse la commedia nata dai corifei dei canti fallici. Ma a mano a mano le due parti andarono equilibrandosi, anzi quella più propriamente drammatica, meglio accetta agli spettatori, fini’, alla lunga, per prevalere.