Diòniso, nel tempio a lui consacrato nelle paludi (’). Non
bisogna intanto dimenticare che i culti dei due Numi erano
strettamente cbllegati. Del resto, è indiscutibile che ambedue vehgono esaltati in egual misura in questo brano
aristofanésco, in cui dunque il poeta, senza specialissimo
riferimento, avrà imitato le cerimonie dei loro culti, che
non dovevano differire se non in particolari di second’ordine. Ma la preoccupazione di riprodurre fedelmente, coi
mezzi dell’arte, una scena presa dal vero, si rivela anche
nel fatto che questo brano, pur compiendo nella commedia
l’ufficio di pàrodos, dal tipo della pàrodos si distacca assolutamente si per la forma, si pe ’l contenuto. Esso
comprende:
a) suoni di flauto (353);
b) invocazioni a Diòniso (363-373);
c) invito ai profani che si ritirino e parole al pubblico (389-410);
d) inno a Dèmetra e lacco, con ritornello (423-454);
e) beffe al pubblico (457-472).
Tutti gli elementi, dunque, che Semo enumera costitutivi
delle cerimonie falloforiche.
Basta ora dare un’occhiata alla parabasi aristofanesca,
la quale è poi il modello su cui vengono foggiate tutte le
parti corali della commedia, per vedere come essa sia
composta proprio nella stessa maniera. Inni alle divinità
— ché ad inni erano in origine riserbate la strofe e l’antistrofe: (2) — beffe e insulti agli spettatori; e la protesta
dei fallofori di Semo di aver composto un inno nuovo nelle
(’) Origine ed elementi, p. 89 sg.
O Origine ed elementi, p. 221, nota 1.