presentazioni che, pur non essendo fliaciche, riflettono
certo scene di analoghe farse.
Ecco l’apoteosi. L’eroe sta sulla quadriga, tratta da
quattro focosi centauri con orribili ceffi, a fianco d’una
Vittoria’ negra, col naso camuso. Un satiraccio, ballonzolando, fa da battistrada (fig. 26).
E siamo finalmente in Olimpo. Egli deve celebrar le
nozze con Ebe, e occorrono i pesci pel banchetto. Poseidone, specialista di cose di mare, e l’inevitabile Ermète,
Io conducono alia pesca: l’eroe se ne sta tranquillamente
fra gli scogli, con la sua brava canna da cui pende un
tonno, mentre Erméte gli dà, al solito, dei consigli. La
rappresentazione è forse ispirata alle Nozze d’Ebe d’Epicarmo (fig. 27).
Tutte queste figurazioni s’ispirano, è certo, alle farse
fliacesche. Una, però, sembra attinga alla commedia attica: quella in cui vediamo un Ercole che picchia con la
clava ad una porta, ed un suo servo a cavalcioni su un
asino, e con un grosso pacco sulle spalle (fig. 28). Chi potranno essere se non il Diòniso travestito e il Santia delle
prime scene delle Rane?
VI
Parliamo ora d’un elemento che segnò d’un suo sigillo specialissimo la sola commedia attica: del Coro.
Il Coro, a quanto sembra, ebbe prima origine dalle
cerimonie falloforiche in onore di Diòniso. Una in miniatura ne troviamo negli A comesi; ma con ben altra