Tanto gli antichi dèmoni quanto gl’intrusi avevano,
naturalmente, le loro leggende. Altre nuove ne originò
la contaminazione. E tutta questa materia mitica, sempre
più rigogliosa e intralciata, dopo essere stata per lungo
tempo narrata, ebbe infine drammatica rappresentazione.
Attori naturali furono i ministri dei nuovi Numi, cioè gli
antichi dèmoni; o, meglio, dei ministri reali del santuario,
che per la solenne occasione si camuffavano nelle forme
attribuite dalla tradizione a quei dèmoni.
Alcune di queste rappresentazioni erano occulte, altre
pubbliche; quelle si dicevano misteri, queste azioni (drómena). Alle seconde conveniva gran pubblico, anche
dalle regioni vicine. E contribuendovi, un po’ la critica
ironica dei filosofi, un po’ il carattere grottesco degli attori,
divennero sempre più buffonesche, e i dèmoni finirono per
assumere carattere d’istrioni. così, a mano a mano, rappresentarono anche miti non attinenti al loro santuario,
così, infine, uscirono dal tempio, e si unirono e poi si confusero con gli istrioni girovaghi, prestando ad essi i propri
bizzarri costumi.
Tale, io credo, l’origine della farsa mitica. Ma bisogna
ben guardarsi dal porre senz’altro in queste burle rituali
l’origine della commedia popolare. L’elemento mimico è
di certo anteriore ad ogni rappresentazione parodistica, e
quindi tarda, dei miti. Possiamo tutto al più ritenere che
sul suolo greco la farsa mitica sia l’elemento agglutinante,
il centro che attira a sé e congloba tutti gli elementi buffoneschi e mimici, portati in giro dai mille autokàbdaloi,
di paese in paese, attraverso tutto il mondo greco, con
incessante formicolìo.