NOTE
253
Pag. 29, v. 5. - così traduco, attenendomi allo scoliaste, questo
luogo di assai malagevole interpretazione.
Pag. 30, v. 2 - La tregua — nota qui non senza acume lo scoliaste — è divenuta donna, e le si tribuisce una bocca.
Pag. 30, v. 7. - Questi ultimi due versi sono probabilmente
spuri.
Pag. 31, r. 2. - La furia degli Acarnesi, come osserva anche lo
scoliaste, è bene espressa dal ritmo trocaico. — Questo si può perfettamente rendere in italiano; ma neppure adombrare si possono i peoni
e i eretici dei brani 210-217 e 225-232 del testo.
Pag. 31, v. 5. - Lo scoliaste dà qui lode al poeta di avere assai
bene imitati i costumi e i discorsi dei vecchi, e ricorda l’omerico Nestore, lodatore dei tempi che furono.
Pag. 32, v. 1. - Faillo fu gran corridore, come si raccoglie anche
dal contesto.
Pag. 32, v. 5. - Lacratide fu arconte di Atene ai tempi di re
Dario, e quindi era vecchio al pari dei coreuti. Durante il suo arcontato
cadde moltissima neve, e ogni cosa gelò. Ma pare difficile che qui si
scherzi su codesto freddo, poiché il verbo adoperato a significare la rigidità delle vecchie gambe di Lacratide (baryncsihai) non si presta al
giuoco di parole.
Pag. 32, v. 13. - Era Pallene un demo attico, dove si azzuffarono
gli Ateniesi con Pisistrato che voleva tornare al potere. Dunque, ricordarsi di Pallone vorrà dire trattare adesso Diceopoli come un di Pisistrato. Invece poi di Valline si dice 3aliène. scherzando sul significato
di bàlio—tiro, e anche senza oggetto, scaglio pietre.
Pag. 34. r. 3. - Nelle feste Dionisiache le bennate giovanette
ateniesi portavano sul capo, in canestri d’oro, le offerte pei sacrifizi.
Pag. 34, v. 3. - Rosso (Xanthias) era nome quasi generico dei
servi nelle commedie. Altri nomi erano Tibio, Sosia, Dao, Geta.
Pag. 34, v. 6. - La stiacciata si deponeva sull’altare come offerta.
Pag. 35, v. 14. - Le fanciulle attiche, specialmente quando prendevano parte a funzioni religiose, in qualità di canefore, portavano
molli oggetti d’oro. — Intorno al teatro e nel teatro stesso pare bazzicassero molti mariuoli. A questo fatto allude qui il poeta, facendo uno
dei soliti strappi all’illusione scenica.