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XXX | PREFAZIONE |
due cortigiane. Quegli canta una nenia dolorosa, questi un inno di gioia. L’uno dice agli amici:
Tenete, amici, il piede mio, tenetelo!
Oh spasimi inumani!
L’altro alle cortigiane:
Tenete a mezzo il pinco mio, tenetelo,
amiche, a quattro mani!
Molte volte la simmetria risultava semplicemente dalla mimica: come, per esempio, nel duplice spavento dell’uccel trochilo da una parte e dei due vecchi ateniesi dall’altra, quando s’incontrano la prima volta (Ucc., 72). E come in questo, cosí in altri casi, solo obicttivando innanzi ai nostri occhi le scene, riusciamo ad afferrarne tutta l’originaria vivacità. Una variante ancora, e la piú profondamente comica, della simmetria, consiste in certi rimbecchi a maggiore o minor distanza, pei quali alcun personaggio viene a trovarsi, o punto, o scorbacchiato, o punito, con le medesime parole ond’egli aveva offeso, o la comune legge morale, o il sentimento di una speciale persona. Il motivo, sfruttato dai commediografi d’ogni tempo, è assolutamente prediletto da Aristofane. Il lettore potrà ammirarne i mirabili svolgimenti nelle scene fra Gabbacompagno e i seccatori (Uccelli), tra Schifacleone e Filocleone (Calabroni), e tra Lesina e Tirchippide (Nuvole). In quest’ultima commedia il lazzo assume piú lunga vibrazione e profondo significato etico.