Iube modo adferatur munus, vocem reddam tenuem
et tinnulam.
Fo delle prove.
Etiam nunc vocem deducam?
Frequente e apprezzata era anche la scena della visita.
La visita è spediente assai ovvio per far trovare insieme
con naturalezza due persone il cui incontro sia richiesto
dall’azione drammatica. Però essa spesseggia in tutto il
teatro comico popolare antico (’), non meno che nella commedia dell’arte e nella tuttor viva farsa napoletana. Al
repertorio comune attinse dunque Aristofane, sfoggiando,
nei suoi drammi, tanto lusso di visite (s). Né altro testo gli
suggerì i lazzi più o ^ìeno gustosi di cui i suoi personaggi
fanno sciupio, quando si tratta di picchiare agli usci o di
chiamar quei di casa.
Altro lazzo benamato è la storpiatura delle lingue,
che daH’Wisse solecizzante di Sofrone all’inglese delle
nostre farse, ha avuto sempre virtù esilarante. Ma addirittura entusiasmo sogliono destare le lingue straniere, che
il commediografo componga con sillabe prese a casaccio
(’) Oltre Plauto e Terenzio, cfr. Eupoli, Framm. 42. e Menandro,
Framm. 124, 860-61.
(;) Diceopoli fa una visita ad Euripide (Acames), Lesina a Socrate
(Nuvole), Trigeo ad Ermete (Pace). Gabbacompagno e Sperabene al Bubbola (Uccelli), Mnesiloco ed Euripide ad Agatone (Le Donne alla festa di
Dànetra), Diòniso e Rosso ad Ercole (Rane).