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PREFAZIONE | XXV |
nella. Spesso non si limitavano alle parole, ma gittavano addirittura agli spettatori noci, fichi secchi e simili leccornie. Aristofane ben due volte protesta contro questa goffaggine (Calabroni, 61; Pluto, 850); pure, durante la consacrazione di Eirene, Trigeo ordina come nulla al servo di gittare orzo agli uditori.
Non meno inveterato nei personaggi comici, e non meno accetto al pubblico, era il vezzo di giuocare a carte scoperte, di parlare come se si trovassero nel mondo reale anziché nella convenzione comica. Di tali strappi alla illusione scenica, se ne posson mietere in Aristofane. Qui ricorderemo quel Giove del Dedalo, commedia pure aristofanesca, perduta, che, tornando in cielo dopo una delle solite scappatelle, e prendendo posto in qualche macchina che doveva sollevarlo, diceva (Framm. 188).
Dà pur quando ti piace, o macchinista,
l’ordine che funzioni la carrucola.
Ma non concedendogli il primo posto abbiam fatto un grave torto a un altro motivo comico; la bastonatura. Le nerbate fioccano nella commedia d’Aristofane; e nessuno chiederà i titoli d’antichità di simile lazzo, che costituisce tuttora il piatto forte della commedia dei burattini.
Piuttosto è interessante ricordare certe imitazioni mimiche che presto si stilizzano e divengono canoniche. Tra le piú gradite conviene certo mettere in prima fila quella del barbiere. La sbarbificazione ha sempre dato negli occhi agli autori di farse; e tutta la tradizione comica popolare è piena di barbitonsori chiacchieroni, di