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XXII | PREFAZIONE |
i grassi godimenti del banchetto. E infine, tratto caratteristico e poco osservato, spesso questi signori sono ladruncoli e se ne tengono. Senza contare i servi, parzialmente foggiati su questo tipo, pei quali aver le dita lunghe pare fosse dignità professionale, Vincipiazza ricorda a propria gloria la beffa onde truffava i sentimentali sospiratoti delle rondinelle (Cav., 451); il discepolo di Socrate esalta l’astuzia con cui il maestro ha sgraffignata la cena (Nuvole, 202); Filocleone e i coreuti non finiscono mai di rievocare, come carissime memorie di gioventù, i furterelli commessi al campo. Il vecchio fanatico dei processi era anzi da giovinotto addirittura uno specialista. A Nasso aveva involato degli spiedi, certo guerniti di selvaggina, e un mortaio ad una panivendola; cita come gloriosissima fra le azioni di sua vita l’aver trafugato a un certo Ergasione i pali delle viti; e tra le invidiabili facoltà giovanili che il tempo ci toglie, annovera principalissima quella di poter rubare.
Il tipo, dunque, che signoreggia le commedie di Aristofane, è fondamentalmente unico, ed è una maschera. E i tratti che principalmente lo informano, sono, uno per uno, quelli che caratterizzavano il tradizionale autokábdalos, quale si può ricostruire accozzandone le membra disperse negli scritti dei grammatici. Naturalmente, avviene nella commedia aristofanesca quello che inducemmo avvenisse nella farsa popolare. Ora l’una, ora l’altra di queste qualità prende il sopravvento, e il personaggio ne riceve una colorazione speciale. così Sperabene è piuttosto un citrullo, Mnesiloco uno scorbacchiatore, Gabbacompagno un ironico, Lesina un bifolco.