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XIV | PREFAZIONE |
Ma accanto al vero c’era il finto stupido, il Myllós, il nesci, che fingeva di non vedere e non sentire, e sentiva e vedeva ogni cosa. Perfetto rappresentante del tipo era quel personaggio d’Eupoli che narrava (180):
E molto appresi nelle barbierie,
standomene in disparte a far lo gnorri.
Altre sfumature del furbo erano il Diasyron (beffeggiatore), il Naichiséres, che faceva la gente contenta e canzonata, e l’Èiron, infine, il volpone finto e fino. Piú grosso e meno tristo il Kankastés, il beffeggiatore volgare, il buffone, che era chiamato anche con altri nomi. Un perfetto Kankastés è il Buffo della farsa d’Oxyrhynchus, di cui riporto un frammento nel capitolo IV.
Frequentissimo e gratissimo era anche il contadino, chiamato Makkós nella farsa dorica, e caratterizzato dai commediografi attici con nomi che sembrano di maschera. Teofrasto ne ha tracciata una vivacissima pittura (Carattere IV).
Famigerato e ricordatissimo nella tradizione era anche il tipo del mangione. Ercole lo incarnò sovente, e lui già cosí descriveva un personaggio del Busiride epicarmeo (21, Kaibel):
Tu lo vedessi quando mangia! C’è
da scoppiar dalle risa! Il gorgozzule
dentro gli freme, le mascelle suonano,
batte il molare, ed il canino schricchiola,
le nari friggono, e l’orecchie s’agitano!