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4 | ARISTOFANE |
Teodoro Kock, in un’acuta c diligente ricerca1, dimostrò che la maggior parte, se non tutte le commedie di Aristofane, sono svolte su un piano uniforme. Il protagonista concepisce un disegno d’interesse pubblico o privato: Diceopoli, Trigeo, Lisistrata metter fine alla guerra; Demostene e Nicia strappar Popolo all’influsso del Paflagone; Prassagora usurpare agli uomini il potere politico; Gabbacompagno fondar Nubicuculia; Scaracchia render la vista a Pluto; Diòniso ricondurre in Atene il poeta Euripide; Lesina distogliere il figliuolo dalla vita spendereccia; Schifacleone il padre da quella dei processi; anche nei Barconi {Holkàdes) era una situazione simile. L’azione consiste nelle peripezie incontrate dai personaggi che si affaticano verso la mèta: il mezzo onde la raggiungono, è la concione, spessissimo il dibattito. — A questa prima parte, deduttoria o costruttiva, come la chiama il Kock, ne segue una seconda, in cui, per mezzo d’una sfilata di tipi e scenette buffe meccanicamente sovrapposte, si espongono gli effetti del nuovo stato di cose.
Da vari indizi si raccoglie2 che questo tipo, maneggiato con assoluta disinvoltura nei giovanili Acarnesi, e mantenuto poi con tanta costanza nei drammi successivi, non fu escogitato da Aristofane, bensì risaliva forse al momento in cui Cratino diede un indirizzo politico alla vecchia farsa buffonesca, forse ad epoca anche più remota. La tradizione ha tenacia grandissima nelle forme drammatiche, massime in quelle popolari: e chi pensi quale influsso eserciti essa in