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CANTO VII.

l’invita alla valle li accanto; e Da questo balzo nie(/lio gli ani e i volti Conoscerete voi di tulli quanti. Che nella lama oiù, ita essi accolti. Il quale ullimo verso pare languido e inutile, ma ferma il pensiero sull* idea, clie dall’alto, e nel proprio e nel Iraslalo, comprendonsi meglio con l’occhio le cose, segnatamente se trattasi di passalo remolo o di remoto avvenire. Enea r.on vede che le anime de’ suoi padri e nepoii; Dante qui anime di re. di principi e signori dì molle parli d’Italia e d’Europa. E Ui qu| comincia il suo canto a farsi più europeo; che ne’ [)rimi dell’Inferno è quasi semplicemente fiorenlino, e de’ papi locca inquanto possono sopra Firenze; ma poi stende le ali a Italia tiilta. Di stranieri ■all’Italia non c’è nominalo che IlLTirando del Bormio fallo quasi cittadino al Poeta, in quantt» poeia: ma d’ora in poi troveremo accenni più ampli. In qnesia niosira di principi accolgonsi in pochi versi non pochi cenni all’Eneide, che imilazioni non si possono prupriamento dire. Nell’Eneide hanno anco di là armi e cocchi e cavalli, e la cura che avevano di cose tali nel inondo, sequitur telUite reijostosn): qui si dolgono e si vergognano de’ propri falli, e de’ falli de’ successori loro; e questa e la cura che li affanna ed allina: iicrciiè la rinnovalrice virtù dil poniiuieiiio a’ pagani era ignota, ed è (Tisiiana bent’ticenussinìa rivelazione. L’uno de’ principi si duole (S) in sembiante dcli’.ivrrt^ negletto quel die dttv»;va. e noti muove bocca a’ canti altrui, come imperatore e straniero ch’egli è; l’altro In vista lo conforta; due aliri s’af^cordano insieme cantando; due sono slretli fra loro a consiglio (3). e l’uno si balle il pclio, l’altro pusa sospirando lu guancia sulta palma (4) Quegli ha benigno aspello, questi è membruto (5); l’uno dal maschio naso, l’auro nasello ìG-; quegli siede allo, quel giovaneito dicirogli i7), questi solo; l’aiiro,iiù basso di tulli i8) guardando in fu. Dalle lodi de’ padri (tassali Poeta ai biasimi de’ figliuoli direttamente, non già come Virgilio, collocando nell’Eliso tra morii le anime de’ rinasciluri: Quif, pattr itle virum qui sic comUatuf euniein? Filius? amie aliquis magna de.stirpe nrpotuiii? i9) Si ferma il Poeta sopra Ollocuro’ re di Boemia, qu.tsi presrtgo del mollo che doveva cu’ secoli e quella e apre nanaiioni slave potere sull’Europa e sul mondo E sin d’allora il destino di Boemia pareva voler essere collegato a quel d* Ungheria e a quel di Polonia, e le due corone ottrivaosi congiunte al prmcipe stesso. (1).En,VI. (6) Ibid.: Piosco crines incanaque (2) Ibid.: F’ons latta parum. menta. Co) {biiì: Iiloe aiilem. par-bus qnas (7) Ib’A: lUc, videi.... javenis... fulgere ceruis in arn.is, Coitcordvs ani- Proxi’htis {Ile.. Cipy^. mae. (8) Ibid.: Quia Vecios, Drusosque (i) lbA: Pura... qui ììililur haxla. procut. (5) Ibid.: Qui jivenes quanlas (D) Ibid. ostentant, aspice, vires! k