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   84 p u r g a t o r i o   iv. [v. 40-57]

tuose di rieto a la ragione, Fin che n’appaia alcuna scorta saggia; cioè alcuna guida che sappia la via: non vasta la ragione a guidare l’anima per li gradi della penitenzia, convienvi essere ancora la grazia inluminante, cooperante e perficiente di Dio.

C. IV — v. 40-48. In questi tre ternari l’autore nostro dimostra la sua defezione e lo conforto che li diede Virgilio, dicendo: Lo sommo; cioè del monte tutto, era alto; per sì fatto modo, che vincea la vista; cioè che li occhi non poteano tanto vedere, E la costa; cioè la montata ritta di quel monte, superba; cioè ritta, più assai; e fa una comparazione, dicendo, Che da mezzo quadrante a centro lista: quadrante è una quarta parte di uno tondo piano, et anco de la metà d’uno tondo che fusse spartito. Chi menasse una linea perpendicularmente dal mezzo del quadrante al centro del cerchio farebbe una linea molto ritta; ma anco era più ritta la costa del ditto balzo del monte, unde considera che la prima è alta, la seconda più alta, la tersa assai più alta; dunqua era, come la tersa, la montata di quel balso secondo: imperò che la linea mezza tra piano e ritto non è molto erta; e però dice che quella era più erta assai, Io; cioè Dante, era lasso; cioè stanco, quando cominciai; a parlare, s’intende: O dolce Padre; dice Dante a Virgilio, volgeti e rimira Com’io rimagno sol, se non ristai; cioè rimanea le sensualità sola ne la fatica de la penitenzia, se la ragione non l’avesse confortato: la ragione spesse volte tira tanto, che la sensualità non può tanto andare. Filliuol mio, disse; Virgilio a Dante, infin quivi ti tira; cioè sforzati in fin quie, Additandomi: cioè mostrandomi col dito, un balzo poco in sue; cioè non sì alto, come quella altessa avea veduto di tutto il monte prima, Che da quel lato; unde era Dante e Virgilio, il poggio tutto gira; questo dice, perchè quel balso non girava se non da quello lato lo monte, perchè v’erano valloni e piaggie, come apparrà di sotto, e coste et erte, come ànno li monti nostri.

C. IV — v. 49-57. In questi tre ternari lo nostro autore finge come confortato da Virgilio si sforzò tanto, che sallitte di rieto a lui in sul secondo balso, che in sul primo non ristette punto; e questo finge, perchè il primo era solo deputato di scomunicati del numero dei quali non era elli, e però finge che non vi si restasse. E di questi fu detto di sopra che mostronno loro la via a montare su, che bene la sapeano come loro luogo sì, che non n’avea a dir più, dicendo così: Sì mi spronavan; cioè sì mi sollicitavano come il cavallo si sollicita co li sproni, le parole sue; cioè di Virgilio, Ch’io; cioè Dante, mi sforzai; d’andar su, carpando; cioè andando boccone, appresso lui; cioè a Virgilio, Tanto; s’intende mi sforzai, che il cinghio; del secondo balso, sotto i piè mi fue; cioè ch’io vi montai suso.