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820 | p u r g a t o r i o x x x i i i. | [v. 82-90] |
ben che non intendi la particularità sì che paia che tu sii stato qui meco, e che tu vegni da me: imperò che chi ti udirà dire tali sentenzie elli dirà: Questi viene da Beatrice, come lo peregrino che reca dal sepolcro lo bordone cinto de palma, acciò che paia ch’elli vegna di Ierusalem: imperò che la palma abbondevilmente si trova di là; e però dice: per quello; cioè per simile cagione a quello, Che; cioè per lo quale, si reca ’l bordon; da’ peregrini che tornano di Ierusalem, di palma cinto; cioè torneato di palma: palma è la follia de l’andattalo, e di là n’è copia grandissima, e però in segno che sieno stati di là li peregrini arrecano lo bordone cinto di palma. Et io; cioè Dante rispuosi, s’intende, a Beatrice: Sì come cera di suggello, Che; cioè la quale, non tramuta la figura impressa; cioè suggellata in essa, Segnato è or da voi; cioè Beatrice, lo mio cervello; dice Dante come li Stoici diceano che la mente nostra era come cera che ricevea da le cose di fuora le impressioni, e così l’una impressione cacciava poi l’altra; così parla qui l’autore, e come lo Filosofo che dice: Anima nostra est sicut tabula rasa, in qua nihil est pictum; ma qui l’autore dice cervello: imperò che nel celebro sono le cellule dell’apprensiva e de la retentiva et imaginativa. Per queste parole dà ad intendere ch’elli è sì bene suggellato e segnato lo mio cervello del vostro segno, che bene si parrà ch’io torni da voi, Beatrice; e quello ditto di sopra cavò l’autore dal maestro de le sentenzie nel quale è la Teologia, sì che bene è segno che Dante l’avea studiato e ch’elli avea veduto quive la Teologia significata per Beatrice; e però àe fatto l’autore la preditta fizione, per mostrare questo ai suoi lettori.
C. XXXIII — v. 82-90. In questi tre ternari lo nostro autore finge come elli mosse uno dubbio a Beatrice, del quale ella li rende la cagione, dicendo così: Ma perchè tanto sovra mia veduta; dice Dante a Beatrice, Vostra parola disiata; cioè desiderata da me Dante: potrebbe dire lo testo: disviata vola; cioè perchè vola la vostra parola disviata dal mio intendimento tanto sovra mia veduta, cioè mio intelletto, Che; cioè la quale veduta e lo quale intelletto, più la perde; cioè la vostra parola, quanto più s’aiuta; d’intenderla? Questo si dè intendere che, quando lo intelletto umano vuole comprendere le cose d’Iddio co la ragione umana, quanto più vi s’affatica più li paiano non vere: imperò che s’apprendono per fede e non per ragione; e però dice la Scrittura santa: Fides non habet meritum ubi humana ratio perhibet experimentum. Et a questo dubbio finge l’autore che Beatrice risponda: Perchè; cioè acciò che tu, Dante, cognoschi, disse; cioè Beatrice, quella scola; cioè dei Filosofi, Ch’ài seguitato; cioè, tu Dante; e per questo dimostra ch’avea studiato in Filosofia, e veggi sua dottrina; cioè de la scuola dei Filosofi, che seguita pur la ragione,