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c a n t o x x x i i i. |
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49Ma tosto fui li fatti le Naiade,1 2
Che solveranno questo enigma forte
Senza danno di pecore o di biade.
52Tu nota; e sì come da me son porte
Queste parole, sì le insegna ai vivi3
Di viver ch’è un correre a la morte;4
55Et aggi a mente quando tu le scrivi,5
Di non tacer quale ài vista la pianta,6
Ch’è or du’ volte dirobata quivi.7
58Qualunque rubba quella, o quella schianta,
Con biastema di fatto offende Iddio,8
Che solo all’uso suo la creò santa.
61Per morder quella, in pena et in disio
Cinque milia anni e più l’anima prima
Bramò colui che ’l morso in sè punio.
64Dorme lo ingegno tuo, se non la stima9 10
Per singular cagion esser eccelsa
Lei tanto, e sì traversa nella cima.11
67E se stati non fusser acqua d’Elsa
Li pensier vani intorno a la tua mente,
E ’l piacer loro un Piramo a la gelsa,
70Per tante circustanzie solamente
La giustizia di Dio nell’interdetto
Cognosceresti all’arbor moralmente.12
- ↑ v. 49. Fin; saranno, proveniente dalla terza singolare fi’, aggiuntovi al solito no. E.
- ↑ v. 49. C. A. fien li fati e le
- ↑ v. 53. C. A. Così queste parole insegna a’
- ↑ v. 54. C. M. C. A. Del viver
- ↑ v. 55. Aggi; dall’infinito aggere, e codesto da aiere cambiato l’i in due g. E.
- ↑ v. 56. C. A. Di non celar quale
- ↑ v. 57. C. M. derobbata
- ↑ v. 59. C. A. Con biastemmia di fatto offende a Dio,
- ↑ v. 64. C. M. se non le stima
- ↑ v. 64. C. A. se non istima
- ↑ v. 66. C. A. sì travolta nella
- ↑ v. 72. C. A. Conosceresti e l’albor