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22Sì come io fui, come io doveva, seco,
     Dissemi: Frate, perchè non t’attenti
     A dimandarmi omai venendo meco?1
25Come a color, che troppo reverenti
     Inanti a suo maggior parlando sono,2
     Che non traggon la voce viva ai denti,
28Avvenne a me, che senza intero sono
     Cominciai io: Madonna, mia bisogna3
     Voi cognoscete, e ciò ch’ad essa è bono.4
31Et ella a me: Da tema e da vergogna
     Vollio che tu omai ti disvoluppe,
     Sì che non parli omai com om che sogna.
34Sappi che ’l vaso, che ’l serpente ruppe,
     Fu, e non è; ma chi n’à colpa creda
     Che vendetta di Dio non teme suppe.
37Non serà d’ogni tempo senza ereda5
     L’aquila che lassò le penne al carro,
     Per che divenne mostro, e poscia preda;
40Ch’io veggio certamente, e però ’l narro,
     A darne tempo già stelle propinque,
     Sigure d’ogni ’ntoppo e d’ogni sbarro,
43Nel quale un cinquecento diece e cinque,6
     Messo da Dio, anciderà la fuia,
     Con quel gigante che con lei delinque.
46E forse che la mia narrazion buia,
     Qual Temi e Sfinge nette e persuade,7
     Perch’a lor modo lo intelletto acuia;8

  1. v. 24. C. A. a domandare omai
  2. v. 26. C. A. Dinanzi a’ suoi
  3. v. 29. C. A. Incominciai:
  4. v. 30. C. A. che adesso è buono,
  5. v. 37. C. A. Non serà tutto tempo senza reda
  6. v. 43. C. A. dieci
  7. v. 47. C. A. Qual teme e spinge men ti persuade
  8. v. 48. C. A. attuia;