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p u r g a t o r i o x x x i i. |
[v. 64-84] |
m’addormentai; al canto ditto di sopra; ma io non posso questo propriamente dimostrare; e però dice: Ma sia qual vuol; cioè lo poeta, che l’assonnar ben finga; cioè lo quale sappia bene fingere l’addormentare. E perchè non si può ben fingere, Però trascorro; cioè io Dante lo fingerò com’io m’addormentai, e vegno pur a dire com’io mi svelliai, e quand’io mi svegliai; cioè io Dante, Io dico ch’un splendor mi squarciò ’l velo Del sonno; ecco che dice lo modo come si svelliò; cioè che li apparve un grande splendore che li ruppe lo sonno, et un chiamar; insieme co lo splendore, dicendo Dante: Surge; cioè leva su, che fai; Dante, non si vuol perder tempo? Et ora induce per similitudine che tale si levò elli dal sonno, caenti si levonno li tre apostuli; cioè s. Piero, s. Ioanni e santo Iacopo de la tranfigurazione che viddeno di Iesu Cristo in sul monte Tabor, come scrive santo Marco, capitolo nono; e però dice: Qual a veder dei fioretti del melo; parla con quil colore che si chiama significazione, chiamando la trasfigurazione di Cristo fioretti: imperò che come lo fiore è meno che ’l frutto; così quella trasfigurazione, benchè fusse grande cosa, pur fu meno che vederlo in maiestate sua; e chiama melo l’Essenzia Divina, che è quello melo e quello arbore che produce tali fiori, Che; cioè lo quale melo, di suo pome; cioè del suo frutto, lo quale è beatitudine, li Angeli fa ghiotti: imperò che quanto più vedeno la Divina Essenzia, più desiderano di vederla: imperò che quella è la loro beatitudine, E perpetue nozze fa nel Cielo; cioè lo ditto melo, cioè la Divina Essenzia de la sua beatitudine che comunica ai beati, continuamente li pasce e notrica in cielo, e però fa perpetue nosse: imperò che tali nosse non aranno mai fine, e mai l’anima da quella cibazione non cesserà come si cessa l’omo nel mondo dal cibo quando è satollo: melo in lingua greca significa dolcessa, e vedere Iddio e gustare è la maggior dolcessa che sia, e però l’à chiamato melo. Piero, Giovanni e Iacopo condotti; cioè menati da Cristo li detti tre apostoli in sul monte Tabor, e mostrato loro la sua gloria venuto quive Moisè et Elia, disse san Pietro: Buono è che noi ci stiamo: qui facciamo tre tabernaculi; cioè a te uno, a Moisè uno, et ad Elia uno, E vinti; cioè da la voce del Padre che uditteno quando disse: Hic est filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui: ipsum audite; per la quale parola cadeno giù in terra insensati; ma poi Cristo dicendo loro: Levatevi su, li fe ritornare in sè; e però dice: ritornaro; cioè li ditti tre apostoli in sè, a la parola; cioè di Cristo che disse: Levate su; e levati non viddeno se non Cristo al modo che l’aveano veduto in prima, e Cristo comandò loro che la visione ch’aveano veduta non dicesseno, in fine a tanto ch’elli non avesse sostenuto passione, Dalla qual; cioè parola di Cristo, furon; cioè inanti e poi, maggior sonni rotti; cioè quando