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p u r g a t o r i o x x x i i. |
[v. 52-63] |
quando è la primavera, la quale allora incomincia quando lo Sole entra in Ariete, Turgide fansi; cioè gonfiate le nostre piante: imperò mostrano di volere mettere fuora, e poi si rinnovella Di suo color ciascuna: imperò che ciascuna mette fuora fiori e frondi convenienti a la sua specie, pria che ’l Sole Giunga li suo corsier sott’altra stella; cioè si levi la mattina sotto altro segno che sotto Ariete, cioè inanti che esca d’Ariete et entri in Tauro la mattina: secondo la fizione d’Ovidio si dice lo Sole iungere li cavalli suoi a l’iugo del suo carro li quali sono quattro, come è stato sposto altra volta di sopra, unde dice Ovidio: Iungere equos Titan velocibus imperat horis1 — . Men che di rose, e più che di viole; cioè e più nero che s’ei fusse di viole; e per tanto vuole dimostrare che lo colore era sanguigno, innovò la pianta; ditta di sopra: imperò che tutta si rivestitte di frondi sanguigne, aprendosi, cioè aprendo sè medesima e mettendo fuora, Che; cioè la quale, prima; cioè inanti, avea le ramora sì sole: imperò che non avea nei suoi rami nè fiori, nè frondi; e poi che ’l timone vi fu legato, diventò fronduta di follie sanguigne. Per la qual cosa l’autore dà ad intendere che per la passione di Cristo ritornò l’umana specie a l’obedienzia; e nel suo sangue, che sparse in su la croce, le nostre opere virtuose ebbeno efficacia e funno accettate da Dio, le quali prima erano insufficenti: imperò che fummo2 rimissi ne la sua grazia. E finge che, quando tale legamento fece Cristo, elli uditte cantare uno inno lo quale elli non intese, e di qua nel mondo nostro non si canta sì, ch’elli non può dire, e però dice: Io; cioè Dante, nollo intesi; cioè quill’inno che la gente cantò, e qui; cioè in questo mondo, già non si canta; sì fatto, L’inno che; cioè lo quale inno, quella gente; ch’era quive, che rappresenta tutti li santi Padri del vecchio testamento e quelli del nuovo che funno nella primitiva Chiesa, allor cantaro; cioè quando Cristo legò lo carro all’arbore preditto, e rifronditte, che tutto figura la passione di Cristo: imperò che ne la sua passione funno fatte queste cose, Nè la nota; cioè lo segno del canto di quello inno, soffersi; cioè io Dante, tutta quanta; che io non m’adormentasse inanti per la dolcessa; cioè tanta fu la dolcessa che io ebbi, quando io pensai quil che3 doveano avere cantato li santi Padri che erano nel limbo e li altri che funno ammaestrati da Cristo ne la sua passione, per la quale si viddeno rimessi ne la grazia di Dio padre, e liberati da la morte spirituale, che io Dante m’addormentai inanti che ciò io avesse compiuto di pensare.
- ↑ C. M. horis — , così s’intende: Colore Men che di rose; cioè meno vermillio che s’elli fusse di rose, e più che di viole;
- ↑ C. M. funno
- ↑ C. M. quello che