127E qual’esce di cuor che si rammarca;
Tal voce uscì del Cielo, e cotal disse:
O navicella mia, com mal se’ carca!1
130Poi parve a me che la terra s’aprisse
Tra ambo le ruote, e viddi uscirne un drago,2
Che per lo carro su la coda fisse;
133E come vespa che ritraggie l’ago,3
A sè traendo la coda maligna
Trasse del fondo, e gissen vago vago.
136Quel che rimase, come di gramigna4
Vivace terra, de la piuma offerta,
Forse con intenzion sana e benigna,
139Si ricoperse, e fùne ricoperta5
E l’una e l’altra rota e ’l temo in tanto,
Che più tien un sospir la bocca aperta.
142Trasformato così il difizio santo,6
Misse fuor teste per le parti sue;
Tre sovra ’l temo, et una in ciascun canto.
145Le prime eran cornute come bue;
Ma le quattro un sol corno avean per fronte:
Simile mostro visto ancor non fue.
148Sigura, come rocca in alto monte,7
Seder sovr’esso una puttana sciolta
M’apparve co le cillia intorno pronte.8
151E, come perchè nolli fusse tolta,
Viddi da costa a lei dritto un gigante;9
E baciavansi insieme alcuna volta.
- ↑ v. 129. C. A. con mal sei
- ↑ v. 131. C. A. e d’indi uscire
- ↑ v. 133. C. M. C. A. ritragge
- ↑ v. 136. C. A. come da
- ↑ v. 139. C. A. funne
- ↑ v. 142. Difizio; toltone l’e in principio, secondo l’uso antico, siccome in pistola, reditare per epistola, ereditare. Nel Virgilio dell’Ugurgeri, lib. iii «facciano sacrifici e dificazioni». E.
- ↑ v. 148. C. A. Sicura, quasi rocca
- ↑ v. 150. C. A. N’apparve colle ciglia
- ↑ v. 152. C. A. Vidi di costa lei